• Questo ci lascia senza altra scelta se non di avvertire che i prossimi due trimestri potrebbero presentarsi molto diversi dalle valutazioni non realistiche e Trump-maniache che osserviamo ora. L'analisi di Saxo Bank. Le operazioni migliori sono quelle che traggono vantaggio da asset e illiquidità erroneamente valutati. Avvicinandoci al secondo trimestre, sembra che la storia dell’instabilità europea sia effettivamente sovradimensionata mentre il vecchio continente si prepara a sorpassare gli Stati Uniti, tremolanti e sempre più dipendenti dai “business” di Trump. “L’Europa supererà gli Stati Uniti” È una vecchia verità di chi investe, che il profitto derivi principalmente da asset e illiquidità (grado di liquidità?) erroneamente valutati. Maggiore è l’errore di valutazione nel prezzo dell’asset, più alto sarà il rendimento atteso. È cosa simile per la liquidità: maggior liquidità equivale a minori guadagni previsti. Nella sua teoria della riflessività, George Soros ha esaminato questo tema nel dettaglio, affermando che:“Di solito, in situazioni lontane dall’equilibrio, lo scostamento tra percezione e realtà porta ad un apice che scatena un feedback positivo nella direzione opposta.” Noi di Saxo Bank pensiamo che questa sia precisamente la situazione in Europa. Il gap tra percezione e realtà è davvero molto ampio, e ciò favorisce transazioni e concetti allettanti: Euro lungo, titoli ciclici e una crescita generale della zona. Gli asset europei, ad eccezione dei titoli a reddito fisso tedeschi, presentano attualmente uno sconto legato al nervosismo delle elezioni francese e tedesca e del risultato finale della Brexit. Alcune perplessità sono valide, altre risultano pure valide ma sovrastimate. Molte tuttavia si basano unicamente sulla paura, vedendo che l’economia europea sorpasserà gli Stati Uniti nel corso dei prossimi quattro anni. Ciò che i non-Europei spesso mancano di aggiungere alla loro valutazione è la massiccia quota di capitale politico investito in Europa e nell’Euro. Non dimentichiamoci che i politici europei a favore dell’Euro sono tuttora molti più dei loro elettori. Citando il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker (dal suo discorso del 2015 sullo stato dell’Unione):  “Non vi è sufficiente Europa, in questa Unione. E non vi è sufficiente unione in questa Unione.” Tali sentimenti a parte, ovviamente, l’Europa si trova chiaramente di fronte ad una crisi semi-esistenziale. Ma qual è il peggior scenario? Marine Le Pen quale nuovo prossimo Presidente francese non è impossibile da pensare, ma ciò che è quasi impossibile a realizzarsi è che la Le Pen vinca le elezioni e indica un referendum per l’uscita dall’Euro della Francia. Come mai? Secondo Michael Stothard del Financial Times: “In linea con l’articolo 89, qualsiasi modifica costituzionale deve essere proposta dal Governo, non dal Presidente. Poi, deve essere approvata da entrambe le Camere e quindi con voto pubblico tramite referendum oppure con la maggioranza del 60% del Congresso. Ciò significa che, se volesse indire un referendum, un ipotetico Presidente Le Pen dovrebbe ottenere la maggioranza nelle elezioni legislative di giugno.” Pertanto, ci sono poche possibilità che la Francia abbandoni l’euro, ma il mercato sta cionondimeno mantenendo un atteggiamento attendista rispetto a questo particolare momento di instabilità. Vi è anche il fatto che il principale antagonista della Le Pen, il leader di En Marche! Emmanuel Macron, è un’entità ancora sconosciuta… Il pericolo principale risiede in un nuovo afflusso di migranti; come ci hanno insegnato le elezioni olandesi, il sostegno ai partiti populisti è positivamente correlato ai livelli di immigrazione. Non si tratta di una verità piacevole ma è un fatto, da cui il rischio sia di sconvolgimento politico sia di conferma di uno scenario europeo negativo se la Turchia di Erdogan decidesse di riaprire i propri confini ai migranti diretti verso l’UE. Le probabilità di un tale esito devono essere per ora calcolate al 50/50, e se ciò dovesse accadere prima delle elezioni francese o tedesca, diventerà entro breve un fattore importante. Una volta concluse le elezioni nel terzo trimestre, ci aspettiamo una variazione significativa nel valore dell’euro. L’Europa ha una importante eccedenza delle partite correnti, la BCE si sta muovendo verso un orientamento meno accomodante della politica monetaria (e sta addirittura considerandone una riduzione), e l’Europa Centrale ed Orientale continua ad oltrepassare del 3% i livelli medi di crescita. Si, la svalutazione interna dell’Eurozona sta funzionando. I Paesi che non sono capaci di svalutare a pieno titolo devono viceversa frenare nella spesa e nei salari. L’Europa farà meglio degli Stati Uniti nel Q2, ma le nostre principali macro-previsioni globali continuano ad affermare che la recessione sia più probabile nel prossimo futuro (12-18 mesi) che non il contrario, basato sul fatto che l’impulso globale del credito ha raggiunto un picco simultaneamente all’inflazione globale. Il gap più grande “percezione vs. realtà” rimane il rischio di recessione. Mentre il mercato nel suo complesso vede una probabilità di recessione inferiore al 10%, noi di Saxo – insieme agli amici sudafricani di Nedbank – vediamo una probabilità superiore al 60%. No, non stiamo “predicendo una recessione”, ma il nostro modello economico indica un significativo rallentamento in concomitanza con la non trasformazione in negativo del grande impulso al credito di Cina ed Europa visto a inizio 2016, che dovrebbe rendere il mercato prudente ed avverso ai rischi (e certamente lungo sul reddito fisso USA). Insieme al Q2 la primavera è alle porte, pertanto godremo sia della stagione che della “finta” primavera economica in arrivo con la fase di rallentamento. Durante questo rallentamento, l’Europa farà meglio degli Stati Uniti, l’Euro farà meglio del dollaro, e l’Asia sarà sotto pressione per procedere sulla strada delle riforme lontano dal debito quale principale driver della crescita. Questo ci lascia senza altra scelta se non di avvertire che il Q2 e il Q3 potrebbero presentarsi molto diversi dalle valutazioni non realistiche e Trump-maniache che osserviamo ora. Scrivo questo dall’aeroporto di Zurigo prima dell’imbarco per Hong Kong. Ho incontrato 30 clienti nelle ultime quattro settimane. Tutti e 30 stanno sovrappesando le azioni, e tutti e 30 credono nell’arrivo di un periodo favorevole. In altre parole, proprio nessuno pensa che questa impennata dei titoli azionari basata sulla speranza, sui bassi rendimenti e sulla deducibilità per le aziende degli interessi sui debiti si esaurirà nel breve periodo. Per parte mia, vi lascerò con il saggio consiglio di J.P. Morgan il quale, quando gli veniva chiesto come...

  • Nonostante la crescita del potere d'acquisto, nel 2016 la ripresa dei consumi delle famiglie è stata ancora debole (+1,3%), segnando addirittura un rallentamento sull'incremento registrato nel 2015 (+1,5%). "Un dato atteso, ma deludente", afferma Confesercenti commentando il dato Istat diffuso oggi su reddito e disponibilità delle famiglie e conti delle amministrazioni pubbliche. "Abbiamo perso un'occasione, soprattutto se si considera che il recupero di disponibilità da parte delle famiglie nel 2016 è stato aiutato dalla prolungata deflazione". Un aiuto eccezionale che non è destinato a ripetersi nel 2017: la ripartenza dei prezzi non mancherà di far sentire, nei prossimi mesi, il proprio effetto sulla spesa. Su cui potrebbero incidere, inoltre, anche la manovrina di aprile e la "manovrona" in arrivo a fine anno". In generale, i dati odierni diffusi dall'Istat, "delineano un quadro di ripresa coerente con le previsioni, ma ancora troppo lenta, anche per quanto riguarda il potere d'acquisto delle famiglie: nonostante il recupero record del 2016, il gap rispetto al 2008 è ancora di oltre 70 miliardi di euro". Positivi, ma insufficienti, anche i risultati conseguiti sulla pressione fiscale ? diminuita di 4 decimali ? e sulla spending review, con la riduzione di 9 decimali delle uscite totali delle AP rispetto al PIL, soprattutto "a causa degli 11 miliardi in meno di spesa in conto capitale". La ricetta di Confesercenti. Per dare maggiore impulso ad una ripresa ancora troppo lenta, "è necessario mettere in campo misure di stimolo, in particolare per la domanda interna". Si potrebbe, ad esempio, "ipotizzare una deduzione del 50% dall'imponibile Irpef per le spese in beni durevoli e semidurevoli delle famiglie, anche per soli due o tre anni: si tratterebbe di un intervento a costo zero o quasi per l'Erario, che recupererebbe il gettito perduto attraverso l'IVA pagata sull'intero importo". (Teleborsa)

  • L'economia americana e' cresciuta nel quarto trimestre a passo piu' rapido di quanto inizialmente anticipato. E' quanto emerge dalla lettura finale del dato diffuso dal dipartimento al Commercio americano, secondo cui il Pil e' cresciuto del 2,1%, contro l'1,9% della stima preliminare e di quella intermedia. Il dato e' superiore alle previsioni degli analisti, che attendevano una revisione al rialzo e un'espansione del 2%. Il Pil era salito del 3,5% nel terzo trimestre, dell'1,4% nel secondo e dello 0,8% nel primo. *** Il Pil annualizzato evidenzia una variazione congiunturale del 2,1 per cento. Gli analisti si aspettavano una crescita del 2 per cento. Nella rilevazione precedente vi era stato incremento del 1,9 per cento. Mentre l’Indice dei prezzi del PIL, deflattore, è in aumento del 2,1% su base trimestrale, superiore sia al precedente sia al consensus entrambi al 2,0 per cento. Le nuove richieste di disoccupazione nell’ottava conclusasi il 25 marzo si attesta a 258 mila unità dalle 261 mila unità. gli analisti si aspettavano un calo maggiore a 247 mila unità. Le richieste continue nella settimana chiusa il 18 marzo aumentano a 2.052 mila unità dale 1.987 mila (riviste da 1990 mila). Gli analisti si aspettavano una crescita inferiore pari a 2.031 mila unità.

  • "Con la piena occupazione, un'inflazione vicina al target del 2% e un'espansione arrivata al suo ottavo anno, i dati parlano chiaro: abbiamo raggiunto la ripresa tanto cercata negli ultimi anni". John Williams, presidente della Federal Reserve di San Francisco, appoggia la visione secondo cui nel 2017 ci saranno tre rialzi dei tassi di interesse ma avverte: piu' strette potrebbero essere necessarie. "La mia visione e' simile alla maggior parte dei miei colleghi nel Federal Open Market Committee", il braccio di politica monetaria della banca centrale Usa di cui non e' un membro con potere di voto. Tuttavia, "viste le mie stime e tenuto conto dei rischi al rialzo, non escluderei piu' di tre rialzi dei tassi in totale per l'anno in corso". E' quanto recita il suo discorso preparato per l'intervento al Forecasters Club di New York. Secondo lui, "con una piena occupazione, con un'inflazione vicina al target del 2% e con un'espansione arrivata al suo ottavo anno, i dati parlano e il messaggio e' chiaro: abbiamo raggiunto la ripresa tanto cercata negli ultimi nove anni". Visti questi progressi, "ora e' importante come non mai che la politica monetaria lavori verso quella che chiamo una 'economia Goldilocks', una che non e' ne' troppo calda ne' troppo fredda". (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)  

  • Battuta d’arresto per fatturato e ordinativi nell’industria a gennaio: rispetto al mese precedente, si rileva una flessione sia del fatturato (-3,5%), sia degli ordinativi (-2,9%), dopo tre mesi di crescita congiunturale. Lo rileva l’Istat. Il calo del fatturato è più ampio sul mercato estero (-5,4%) rispetto a quanto rilevato sul mercato interno (-2,3%). Gli ordinativi registrano, invece, un incremento sul mercato estero (+2,6%) e una diminuzione su quello interno (-6,6%). La flessione registrata a gennaio tuttavia non modifica la tendenza alla crescita rilevabile su base trimestrale: nella media degli ultimi tre mesi, l’indice complessivo del fatturato risulta infatti in crescita dell’1,7% rispetto ai tre mesi precedenti, con andamenti simili per il mercato interno ed estero. Sul fronte tendenziale, corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 19 di gennaio 2016), il fatturato totale cresce dell’1,5% (+1,5% sul mercato interno e +1,3% su quello estero). L’indice grezzo del fatturato cresce, in termini tendenziali, dell’8,2%. Quanto agli ordinativi, nel confronto con il mese di gennaio 2016, l’indice grezzo segna un incremento dell’8,6%. (Askanews)