Secondo i dati della Polizia stradale e dell’Ania la percentuale degli incidenti provocati dall’uso di smartphone è cresciuta negli ultimi anni, fino ad arrivare a causare il 20,1% del totale degli schianti.
Guidi utilizzando il cellulare? Patente sospesa, per un periodo che va da un mese a tre, già alla prima violazione. Il governo accelera e il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini annuncia la linea dura, con un provvedimento che arriverà in tempi strettissimi. «Il cammino del nuovo codice della strada - annuncia Nencini - è finalmente ripreso al Senato, dov’era rimasto fermo per la mancata copertura finanziaria di alcune voci. Ora è ripartito, ma abbiamo fatto una considerazione: potremmo intervenire con un decreto già a maggio, per anticipare quelle che sono le due grandi emergenze da affrontare il più rapidamente possibile». Utilizzando così il metodo inaugurato con l’omicidio stradale: anche questo era compreso nel nuovo codice, ma le lungaggini nell’approvazione hanno convinto il precedente governo a introdurlo con un decreto legge.
La prima emergenza è, appunto, quella di chi usa il cellulare alla guida. Per telefonare senza bluetooth, per mandare e ricevere sms, per chattare su WhatsApp, per consultare internet. Persino per farsi gli autoscatti al volante e mandarli agli amici. L’accordo trovato tra Trasporti e Interno parla di un inasprimento delle multe e delle sanzioni: oggi l’ammenda è compresa tra i 160 e 646 euro (ma solo 112 se si paga entro 5 giorni) più la decurtazione di 5 punti dalla patente. Se il progetto dell’esecutivo diventerà presto legge, la sospensione del documento di guida scatterà già alla prima violazione, mentre oggi è prevista come sanzione accessoria solo nel caso in cui il cattivo comportamento sia ripetuto nel tempo. Vietato sgarrare, sempre, stop a ogni tolleranza.
- L’assoluzione penale non fa venir meno la sospensione della patente
Il governo ha accolto il suggerimento del direttore nazionale della polizia stradale Giuseppe Bisogno, che spiega: «Siamo di fronte a una vera e propria emergenza, c’è un’intera generazione che arriva alla guida abituata a usare il cellulare da quando aveva 11, 12 anni e continua a farlo anche al volante, senza alcuna cautela». Secondo i dati della stessa stradale e dell’Ania la percentuale degli incidenti provocati dall’uso di smartphone è cresciuta negli ultimi anni, fino ad arrivare a causare il 20,1 per cento del totale degli schianti. Nel 2015, ultimo dato disponibile, le multe sono state 50 mila, in crescita del 20,9 per cento rispetto all’anno precedente. Il micidiale mix tra velocità e guida, però, alza ancora i numeri, tanto che il ministro Graziano Delrio è arrivato a ipotizzare che «l’ottanta per cento degli incidenti stradali gravi deriva dall’uso del cellulare alla guida». Insiste Nencini: «È un fenomeno in continua crescita, bisogna intervenire in tempi molto brevi per stroncarlo».
Il secondo provvedimento che potrebbe arrivare a maggio riguarda i mezzi pesanti, soprattutto quelli provenienti dall’estero. Il fresco precedente della tragedia di Celle Ligure del 26 marzo scorso, dove due operai sono stati schiacciati da un Tir proveniente dalla Spagna, che si è ribaltato travolgendoli in autostrada, ha indotto il ministero ad annunciare interventi rapidi. Aumenterà il numero di tutor installati sulle tratte a maggior rischio, come appunto sull’A10, Genova-Ventimiglia. Più controlli «ma saranno anche modificate - dice ancora Nencini - le norme che regolano la circolazione dei veicoli stranieri e a chi non rispetta le convenzioni internazionali cui l’Italia aderisce sarà interdetto all’ingresso nel Paese. Aumenteranno poi le sanzioni».
Fonte: La Stampa
Ricordate l’impegno di Matteo Renzi, «ogni euro destinato in più alla sicurezza stanzieremo un euro in più per la cultura»? A distanza di un anno e mezzo da quell’annuncio, che tra le varie misure prevedeva la costituzione di un fondo da 150 milioni di euro «per donare a tutti i cittadini la possibilità di dedicare il 2 per mille a una associazione culturale» (parole dell’ex premier), il meccanismo si è già inceppato.
Basta buttare uno sguardo al nuovo modello 730, che da oggi si può compilare on line, per vedere che si può destinare l’8 per mille allo Stato o a 12 differenti confessioni religiosi, ci sono 6 opzioni per il 5 per mille (volontariato e no profit, ricerca scientifica o sanitaria, tutela dei beni culturali, attività sociali del comune di residenza e associazioni sportive dilettantistiche) e c’è il 2 per mille a favore dei partiti. Il riquadro che consente di indicare una scelta a favore di una associazione culturale invece è scomparso. Perché?
Il primo sospetto che è venuto al senatore Franco Panizza del Partito Autonomista Trentino Tirolese, che sul 2 per mille il 14 marzo ha presentato un’interrogazione urgente ai ministri Padoan e Franceschini, lo portava dritto ad immaginare un gesto intenzionale: «il solito blitz dei soliti burocrati ministeriali a caccia di risparmi». Poi però Panizza ha capito che la spiegazione era molto più banale: se ne erano dimenticati.
La denuncia
La misura doveva essere confermata con la legge di bilancio, ma per una distrazione non è stata inserita nel testo approvato alla Camera. La si doveva recuperare al Senato, ma poi il voto di fiducia imposto dalla crisi del governo Renzi ha fatto piazza pulita di questa come di tante altre richieste di modifica e la cosa è morta lì. «I partiti - lamenta Panizza nella sua interrogazione - sono stati riammessi ad usufruire del 2 per mille dell’Irpef a discapito delle associazioni culturali, le cui attività andrebbero, invece, sempre sostenute per il fondamentale ruolo sociale che esse rivestono, soprattutto a livello locale».
Due pesi e due misure? E’ evidente che i partiti pesano molto di più di una miriade di associazioni sparse in giro per lo Stivale. Ma va anche detto che mentre la legge che assegna il 2 per mille alle forze politiche disponeva da subito di uno stanziamento strutturale, 9,6 milioni di euro nel 2015, 27,7 nel 2016 e 45,1 da quest’anno in poi (poi ridotti a 20), il 2 per mille «culturale» no. E per inciso alla fine i milioni stanziati per questa causa non erano nemmeno 150 come annunciato dall’ex premier ma 50 di meno.
L’anno passato sono state ben 1130 le associazioni ammesse a ricevere contributi attraverso il meccanismo del 2 per mille, 48 quelle escluse. Bastava dimostrare statuto alla mano di svolgere in prevalenza attività culturale ed operare da almeno 5 anni. Nell’elenco stilato dal Mibact sono così entrate tantissime bande musicali e bande cittadine e altrettante proloco, e poi cori, filarmoniche, associazioni folkloristiche, cineclub e cineforum. E ancora: alcune università della terza età, le Acli e l’Arci, il Touring club italiano e diverse associazioni di amici di musei (Brera, Poldi Pezzoli, Bagatti, quelli siciliani), l’Istituto Alcide Cervi e lo Sturzo.
Rimedio in extremis
Come ovviare al buco? Si era pensato di inserire un emendamento nella legge delega sullo spettacolo in discussione al Senato, ma la modifica sarebbe comunque arrivata fuori tempo massimo e non avrebbe salvato i contributi di quest’anno. «Ora – suggerisce Panizza – vedo un’unica soluzione: il governo dovrebbe inserire un emendamento nel decreto sulla manovrina: visto che il grosso delle dichiarazioni vengono fatte on line, e che per queste c’è tempo sino a luglio, almeno potremmo recuperare questa quota. Certo poi l’Agenzia delle entrate dovrebbe aggiornare i software, ma volendo si può fare». Padoan e Franceschini cosa ne pensano? Per ora non è pervenuta alcuna risposta.
Fonte: La Stampa
Il Movimento a 30,7 perde più di un punto e mezzo. FI, Lega e FdI sommati a 31,2. Gli scissionisti di Mpd al 2,6 mentre è in leggero recupero il Partito democratico: secondo le rilevazione al 27,6.
Il clima politico che respiriamo in queste settimane è sempre più improntato al nervosismo. Siamo in una condizione di campagna elettorale permanente, che continua da più di un anno, cioè da quando è cominciata la contesa referendaria.
Lo scontro continuo tra Pd e Movimento 5 Stelle, che sta passando alle aule dei tribunali, insieme a una certa fibrillazione nei rapporti tra Pd (o meglio, la componente renziana) e governo Gentiloni relativamente ai conti, alla manovra e ad alcune scelte strategiche, con critiche più o meno sottotraccia ai due principali ministri tecnici, Padoan e Calenda, danno la misura del clima.
I rischi connessi alla gestione di una manovra presumibilmente imponente nell’autunno acuiscono la tensione. Nel centrodestra le manovre di posizionamento sono ancora all’inizio. Di certo c’è una ritrovata centralità di Berlusconi che si è sapientemente ripreso la scena. Da un lato cavalcando gli evergreen, tasse, pensioni, riduzione del peso dello Stato. Per quanto meno efficaci di un tempo, sono argomenti cui l’elettorato presta indubbia attenzione.
Dall’altro lato con l’accentuazione del côté animalista e vegano. Anche qui cogliendo tendenze, magari non prevalenti nel suo ambito immediato di riferimento, ma diffuse in fette di elettorato interessanti per lui. E comunque conquistando ampio spazio nel dibattito prepasquale.
Sempre sul versante moderato l’area centrista batte un colpo con la costituzione di Alternativa popolare e il tentativo di ricondurre la diaspora sotto un unico simbolo, con l’obiettivo di attirare leader riconosciuti e di riunificare gli elettori di centrodestra che vedono con fastidio un’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia. Infine, a sinistra la scissione del Pd e la nascita di Articolo 1 potrebbero avviare un percorso di consolidamento di quel campo, da tempo in affanno.
Quali sono i riflessi di tutto ciò sulle intenzioni di voto degli elettori? Per ora i segnali che rileviamo sono deboli. Tuttavia, rispetto allo scenario che abbiamo presentato poco meno di un mese fa, alcuni cambiamenti emergono.
La sinistra
Cominciamo da sinistra: la scissione ha avuto un impatto contenuto. Un mese fa, a poche settimane dall’avvenimento, il Movimento democratico e progressista era accreditato del 3,3%. Oggi ha perso poco meno di un punto, collocandosi al 2,6%. I «difetti» della scissione, ovvero la scarsa chiarezza delle ragioni e la mancanza di un progetto politico chiaro (per gli elettori) rende per ora scarso l’appeal di questa formazione. Comunque la sua nascita aveva provocato, naturalmente, una contrazione del Pd. Oggi questo partito si colloca al 27,6%, sotto al risultato su cui si era stabilizzato precedentemente (intorno al 30%), ma in ripresa di poco meno di un punto rispetto all’ultima rilevazione pubblicata.
I centristi
Nell’area centrista il lancio di Alternativa popolare cambia segno al trend. Se infatti a partire da fine 2016 Ncd aveva visto progressivamente contrarsi il proprio bacino sino ad arrivare al 2,8% di metà marzo, oggi si attesta al 3,4%. Piccolo segnale, da consolidare con un’estensione delle alleanze e del progetto, come dicevamo sopra.
Il centrodestra
Il centrodestra si mantiene molto competitivo. La somma dei tre partiti supera il 30 per cento, anche se è un fatto teorico in assenza di un programma e di una leadership condivise. Continua il duello ravvicinato Lega-Forza Italia che oggi vede la formazione di Berlusconi due decimali sopra la Lega. La formazione di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, segna una crescita che la porta a superare il 5%.
I Cinque Stelle
Infine l’M5S. In questo caso si evidenzia un’apprezzabile contrazione rispetto al dato di metà marzo: 1,6 punti in meno. Allora eravamo nel pieno del caso Consip e c’era stato il «salvataggio» di Minzolini. Tutto ciò aveva favorito nettamente il Movimento che era riuscito a non avere ripercussioni dal caso Genova. Oggi l’inchiesta Consip è in mezzo al guado, c’è stato qualche infortunio comunicativo come quello relativo ai criminali romeni importati in Italia, i giudici hanno messo in mora le scelte di Grillo a Genova.
I cambiamenti
Piccoli cambiamenti quindi. Occorre aspettare per capire se si tratta di orientamenti che proseguiranno o no. Lo snodo sarà l’autunno e la manovra economica per il prossimo anno. Certo, se le decisioni si prenderanno in questo clima teso e di campagna permanente, qualche preoccupazione è legittima.
Fonte: Corriere della Sera
Un aiuto mensile che potrà arrivare al massimo a 485 euro per i cittadini più poveri, quelli che hanno un reddito Isee di 6 mila euro, o di 3 mila euro se proprietari di un’abitazione. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha firmato ieri con i rappresentanti dell’Alleanza contro la povertà il memorandum che stabilisce i criteri per l’accesso al Reddito di inclusione, il Rei, che debutta quest’anno con una dotazione di 1,8 miliardi di euro.
Approvata, a marzo, la Legge delega sul contrasto alla povertà, con un decreto legislativo da varare, ha detto Gentiloni, «entro la fine del mese», definirà i criteri di accesso e gli importi del beneficio per il 2017. «Il fondo ammonta a circa 2 miliardi, ma è strutturale, quindi tenderà a crescere e interesserà in questa prima fase quasi 2 milioni di persone, compresi 7-800 mila minori» ha detto il premier.
Il sostegno economico, pari al massimo all’importo dell’assegno sociale mensile, colmerà la differenza tra il reddito disponibile e la soglia di riferimento Isee. Una parte dei fondi, almeno il 15%, sarà destinata ai Comuni per finanziare i servizi di inclusione, come il collocamento.
«I numeri della crescita economica sono graduali, ma andrebbero incoraggiati, non sono sufficienti a migliorare la realtà sociale. Quello che posso dire agli italiani è che il governo governa» ha detto Gentiloni firmando il memorandum.
Un'altra grana giudiziaria per il Movimento, dopo la vicenda di Genova della candidata a sindaco, che ha vinto il ricorso dopo essere stata espulsa. Nel capoluogo siciliano la vicenda risale alle amministrative del 2012.
Quattordici indagati, compresi tre deputati nazionali, due regionali e un cancelliere del tribunale: la procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per le persone coinvolte nell’indagine sulle firme false depositate dal Movimento Cinque Stelle a sostegno delle liste per le amministrative del 2012 nel capoluogo siciliano.
I reati contestati, a vario titolo, dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudia Ferrari sono il falso e la violazione di una legge regionale del 1960 che recepisce il Testo unico nazionale in materia elettorale.
Tra gli indagati il deputato nazionale Riccardo Nuti, che nel 2012 era candidato sindaco, e le parlamentari Giulia Di Vita e Claudia Mannino. Secondo la procura, Nuti e un gruppo ristretto di attivisti come Di Vita, Mannino e Samanta Busalacchi, dopo essersi accorti che per un errore di compilazione le firme raccolte erano inutilizzabili, mettendo quindi a rischio la presentazione della lista, avrebbero deciso di ricopiare le sottoscrizioni ricevute, correggendo il vizio di forma. A 11 indagati i pm contestano la falsificazione materiale delle firme. A Nuti, per il quale non c’è la prova della commissione del falso materiale, si imputa, invece, l’avere fatto uso delle sottoscrizioni ricopiate: era lui, infatti, il candidato a sindaco dei pentastellati nel 2012.
Il falso materiale riguarda Busalacchi, Di Vita, Mannino, e gli attivisti Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e i deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca. Il tredicesimo indagato è il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello: per lui l’accusa è di avere dichiarato il falso affermando che erano state apposte in sua presenza firme che invece gli sarebbero state consegnate dai 5 Stelle. Reato di cui risponde in concorso con Francesco Menallo, avvocato ed ex attivista grillino che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale per l’autenticazione.
Un contributo importante alla ricostruzione della vicenda è arrivato dalle testimonianze dei consiglieri regionali La Rocca e Ciaccio che hanno raccontato i momenti successivi alla notte del 4 aprile 2012, quando al meet up di via Sampolo vennero ricopiate materialmente le firme raccolte in un primo momento in alcuni moduli che però contenevano un errore nel luogo di nascita di un candidato al consiglio comunale. (Ansa)
La faccenda si complica, il Movimento la sospende: Marika Cassimatis “non è e non sarà la candidata sindaco del Movimento 5 Stelle a Genova“.
Decisione clamorosa del tribunale di Genova, che nella causa di Marika Cassimatis contro Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle ha deciso di dare ragione alla vincitrice delle “comunarie” per la scelta del candidato sindaco: sono state annullate le due delibere con cui la Cassimatis veniva esclusa dal partito e con cui Luca Pirondini è stato scelto per correre alle elezioni con il simbolo dell’M5S.
M5S caso Genova, Grillo: “Chi non è d’accordo con le regole si crei un altro partito”
Accolto dunque su tutta la linea il ricorso presentato dagli avvocati Lorenzo Borrè e Alessandro Gazzolo: nelle motivazioni della sentenza (pdf), il giudice, Roberto Braccialini, ha parlato, fra l’altro, di «regole non chiare» e «conduzione (del partito, ndr) a tratti dirigista». La soddisfazione di Marika Cassimatis è esplosa in un entusiasta post sulla sua pagina su Facebook , accompagnato dall’hashtag #DavidecontroGolia.
La profezia di Pizzarotti: M5S imploderà e andrà al 10%
Che cosa succede adesso
Adesso, a 2 mesi esatti dalle elezioni comunali, in programma il prossimo 11 giugno, la situazione per il partito si complica decisamente: il rischio è che il Movimento non abbia candidati alle elezioni nella città del suo fondatore. Anche se «un candidato c’è, ed è Marika Cassimatis - come ha detto questa mattina l’avvocato Borrè - Il Movimento, se non la candidasse, dovrebbe boicottare una decisione del giudice»; il legale ha aggiunto di avere «comunicato questa mattina alla Cassimatis la decisione del giudice: mi ha risposto dicendomi “evviva!”, era a lezione. Il presidente ha accolto tutte le nostre richieste facendo proprie le nostre argomentazioni».
Grillo può impedirle di usare il simbolo
Formalmente, dunque, Marika Cassimatis è in corsa per le elezioni comunali a Genova, ma Grillo potrebbe impedirle di usare il simbolo dell’M5S , perché la titolarità è di un movimento diverso dal Movimento che ha espulso la professoressa: il simbolo è di una associazione registrata da Grillo nel 2012, dal commercialista Andrea Nadasi e dal nipote di Grillo, l’avvocato Enrico Grillo. Grillo, però, è alla guida di entrambi.
Perché la Cassimatis era stata esclusa
Ricordiamo che Marika Cassimatis e la sua lista erano stati “bocciati” da Grillo per alcuni like a commenti di fuoriusciti dal Movimento come il sindaco di Parma, Pizzarotti e il consigliere comunale di Genova, Paolo Putti, però «quando erano ancora nel Movimento», come si è difesa la professoressa (è docente di Geografia).
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Marika Cassimatis “non è e non sarà la candidata sindaco del Movimento 5 Stelle a Genova“. E questo nonostante la sentenza del tribunale del capoluogo ligure che stamattina ha accolto il ricorso d’urgenza presentato dagli avvocati Lorenzo Borrè e Alessandro Gazzolo. Il motivo? “In nessun passo della predetta sentenza” si sostiene che “la Cassimatis è la candidata sindaco del MoVimento 5 Stelle, come lei ha affermato”. Ci vogliono quasi otto ore prima che il blog di Beppe Grillo si esprima sul caso Genova. E lo fa solo dopo la conferenza stampa della professoressa di geografia, che si è appena vista accogliere il suo ricorso dal tribunale.“Noi siamo di nuovo la lista che ha vinto le primarie del M5S a Genova. Speriamo che dopo questa sentenza si arrivi ad un incontro: noi abbiamo un atteggiamento conciliante nei confronti del Movimento 5 Stelle, perché crediamo tutti nelle stesse idee”, ha detto incontrando i cronisti Cassimatis, che nei giorni scorsi ha querelato sia Grillo che Alessandro Di Battista. Per i vertici del M5s, però, la sentenza del giudice Roberto Braccialini non cambia nulla nei rapporti con l’ex candidata scomunicata. “Marika Cassimatis è stata sospesa e la votazione del 14 marzo è stata annullata, pertanto la stessa non è né sarà candidata con il MoVimento 5 Stelle a Genova alle elezioni dell’11 giugno”, si legge nel post sul blog, con il quale i vertici del M5s entrano nel merito dell’ordinanza emessa dal giudice ligure.
“Il tribunale di Genova oggi ha sospeso l’efficacia della decisione assunta da Beppe Grillo in qualità di Garante e titolare del simbolo del MoVimento 5 Stelle di non concedere alla Cassimatis l’uso del simbolo stesso per le elezioni comunali del 2017 a Genova (e non di escludere la Cassimatis dal percorso selettivo). Ha inoltre sospeso l’efficacia della votazione del 17 marzo in cui si chiedeva a tutti gli iscritti di esprimersi sull’importante decisione di partecipare o meno alle comunali di Genova. La sentenza specifica la natura interlocutoria delle odierne statuizioni, che non sono, quindi, definitive. Si tratta di un provvedimento cautelare di sospensione suscettibile di modifiche sia in sede di (eventuale) reclamo che di merito. Rispettiamo la sentenza, che, tra l’altro, riconosce la validità e la legittimità del Regolamento del MoVimento 5 Stelle (“le apprezzabili regole statutarie più volte richiamate, sottolineate ed apprezzate”) riservandoci, però, di tutelare in ogni sede le nostre ragioni”, è il ragionamento seguito dai 5 Stelle.
In pratica, al netto di possibili ricorsi contro la sentenza di stamattina – che comunque non vengono esclusi a priori – dal punto di vista dei 5 Stelle è fondamentale la sospensione della Cassimatis da esponente del Movimento decretata da Grillo stesso lo scorso 6 aprile. Il tribunale di Genova, infatti, con la sua sentenza ha sospeso l’efficacia “della decisione assunta il 14 marzo 2017 da Grillo di escludere la lista Cassimatis dal percorso selettivo interno e dal procedimento elettorale relativo al rinnovo del Consiglio comunale ed all’elezione del sindaco del Comune di Genova” e “della deliberazione/votazione del 17 marzo 2017 con cui l’assemblea in rete degli iscritti certificati ha deciso la presentazione del signor Luca Pirondini come candidato sindaco e la presentazione della lista dei nominativi ad esso collegata, per i candidati consiglieri comunali”.
Il giudice, in pratica, ha annullato la destituzione della docente – e della...
De Cecco si prepara allo sbarco in Borsa. Il prossimo 27 aprile, lo storico marchio di pasta abruzzese sottoporrà all’assemblea dei soci il varo del progetto di quotazione. Al quinto punto dell’ordine del giorno dell’assemblea ordinaria, chiamata ad approvare il bilancio 2016, infatti, c’è la “presentazione e l’avvio del processo di ammissione alla quotazione”.
Per il pastificio di Fara San Martino, che ha una esperienza di oltre 130 anni nel mercato della pasta, quello della quotazione è un ritorno visto che già 10 anni fa il progetto era stato accarezzato per poi essere accantonato. Ora la multinazionale, che nel 2015 ha registrato un fatturato in crescita del 3% a 416,4 milioni di cui 282 milioni in Italia e 135 all’estero, ci riprova sottoponendo il progetto ai soci a fine mese.
De Cecco è un gruppo dell’agroalimentate simbolo del mondo del made in Italy. Ad oggi il gruppo opera in più di 120 Paesi al mondo e solo due anni fa, con il supporto del Fondo sviluppo export, aveva emesso un bond da 12,5 milioni proprio per supportare la crescita sui mercati esteri. (Askanews)
Il presidente del gruppo De Cecco SPA, Filippo Antonio De Cecco (nella foto in alto)
Frank Sinatra voleva comprare la De Cecco
"Da 127 anni siamo sul mercato e abbiamo intenzione di rimanerci anche nei prossimi 127 anni: crediamo nel futuro, ecco perche' oggi inauguriamo due nuove linee di produzione".
Lo ha detto il presidente del gruppo De Cecco SPA, Filippo Antonio De Cecco (nella foto in alto), salutando gli intervenuti alla giornata di inaugurazione delle due nuove linee di produzione dello stabilimento di Ortona.
"Abbiamo investito 30 milioni di euro per queste due linee, grazie anche al contributo della Regione Abruzzo pari al 7 per cento - ha aggiunto il presidente del gruppo leader nel mercato della pasta - vogliamo dare un segnale, dal 2008 non si fa altro che parlare di crisi e noi vogliamo dare un segnale di positivita': crediamo nel futuro, questo e' il nostro messaggio oggi".
Le due linee vanno ad aggiungersi alle 10 gia' operative nello stabilimento di Ortona, dove lavorano circa 230 dipendenti, per una produzione giornaliera di oltre 2.500 quintali di pasta.
Le due linee avviate questa mattina produrranno 40 quintali l'ora di pasta corta e lunga.
La Regione Abruzzo ha contribuito con circa 2 milioni di euro (7 per cento dell'investimento). L'evento organizzato per l'inaugurazione delle due nuove linee prosegue nella mensa dello stabilimento dopo la visita dello stesso con maestranze e proprieta'.
Il pranzo per gli invitati e' a cura dello chef Mauro Uliassi, due stelle Michelin.
"L'avvio di due linee di produzione - ha detto Chiodi - e' la migliore risposta alla crisi economica internazionale ma soprattutto e' il segnale di un Abruzzo che resiste.
La De Cecco e' un'eccellenza per l'Italia, ma per noi abruzzesi rappresenta di piu': un segno distintivo ed un esempio di un territorio che riesce a produrre lavoro e ricchezza.
L'investimento che parte oggi - ha aggiunto il presidente della Regione - vuole consolidare da una parte un'azienda gia' di per se' molto forte sul mercato e dall'altra incrementare il grado di penetrazione in un settore, come quello dell'agroalimentare, che dati alla mano sembra risentire meno della crisi economica internazionale".
Nella specifico l'investimento allo stabilimento di Ortona, che conta 260 addetti, ammonta a 30 milioni di euro e consentira' di aumentare la produttivita' mantenendo ferme le caratteristiche organoelettiche proprie della tradizione aziendale.
"Nell'investimento delle due linee - ha specificato il presidente Chiodi - c'e' anche un po' di Regione Abruzzo che ha contribuito con un Contratto di sviluppo al 7% dell'intero ammontare dell'investimento. Un Contratto che e' stato apprezzato anche a livello ministeriale".
I due nuovi impianti, uno per formati lunghi e uno per formati corti, aumenteranno la capacita' produttiva dello stabilimento di Ortona di 2000 quintali portandola a 1,2 milioni di quintali l'anno.
Nel corso dell'inaugurazione, il presidente del Gruppo, Filippo De Cecco, ha fornito alcuni dati economici dell'azienda: nel 2000 il fatturato del Gruppo era di 193 milioni di euro; nel 2012 lo stesso dato e' salito a 393 milioni di euro con un +5% rispetto al 2011.
Il fatturato estero, arrivato a 200 milioni con il dato del mercato russo non conteggiato nel fatturato 2012 del Gruppo , ha ormai raggiunto quello nazionale di 230 milioni di euro.
Nel 2012 il Gruppo De Cecco ha prodotto 2 milioni di quintali di pasta, diventando cosi' il 3 gruppo pastaio nel mondo.
Fonte: Abruzzo24ore.tv
L'Italia ha compiuto uno scatto in avanti importante nel 2016 ma non bisogna sedersi, ma anzi "fare di più", perché "i nostri competitor avanzano più di noi". Il diavolo infatti si annida nei dettagli e se è vero che il nostro Paese a gennaio 2017 ha messo a segno un +39,1% nelle esportazioni verso la Russia, la Francia può vantare un bel +57,2% e la Germania un +53,7%. Con davanti il segno più, naturalmente.
Pier Paolo Celeste è il direttore dell'Ice di Mosca e a colloquio con l'Ansa sprona gli imprenditori italiani ad avere "coraggio" e a rispolverare "lo spirito imprenditoriale dei padri". Il momento è propizio, o s'investe adesso o si rischia di perdere un treno che non ripasserà tanto presto. "I grandi colossi del passato sovietico - spiega - sono stati spezzettati e ora molti sono ripartiti dopo la crisi: se la Russia vuole vincere la sfida del presente c'è bisogno di una nuova classe imprenditoriale e l'Italia in questo senso può fare molto, non soltanto offrendo al mercato il suo know-how tecnologico ma anche quello gestionale". Tutti i comparti sono infatti ripartiti e alcuni segnano numeri importanti, come il chimico-farmaceutico (+51%) o quello dei semilavorati (+68,6%). "Dall'Italia entrano in Russia 20 milioni di euro di merci al giorno, 365 giorni l'anno", nota Celeste.
Esempio plastico della forza dei prodotti italiani. Ma, appunto, non basta. "Noi, all'Ice, abbiamo vagliato 96 progetti d'investimento in Russia, completi di due diligence, attuabili fin da subito per le aziende, tutti compatibili con il profilo delle Pmi italiane". Le opportunità, dunque, non ci sono solo per i giganti, i 'soliti noti' dell'economia tricolore. "Investire in Russia non è un salto nel buio", spiega ancora Celeste. "L'Ice ha una task-force dedicata alle imprese che vogliono entrare nel mercato e che prevede l'accompagnamento fisico nelle regioni". Persino la leva finanziaria è lì a portata di mano.
"La cassa Depositi e Prestiti ha un Fondo Strategico da 500 milioni, al quale si sommano altri 500 milioni garantiti dal governo russo; sia Banca Intesa che Gazprom Bank hanno poi fondi dedicati alle imprese". Senza contare la Sace, che in Russia alloca, in percentuale sul totale, la fetta "più cospicua" delle sue risorse. (Ansa)
"Ci sono circa 21 milioni di contribuenti che risultano avere debiti a vario titolo" con gli "oltre 8mila enti creditori" per cui esercita la riscossione Equitalia. Lo ha rivelato l'a.d. della società pubblica di riscossione Ernesto Maria Ruffini in audizione in commissione Finanze alla Camera sottolineando che "il 53% ha accumulato pendenze che non superano i 1.000 euro".
"817 miliardi di debiti, ma interventi possibili su 52" - Il "magazzino", cioè i carichi residui da riscuotere affidati a Equitalia dal 2000 al 2016 "ammonta a 817 miliardi di euro" ma "la quota su cui azioni di recupero potranno ragionevolmente avere più efficacia si ferma a 51,9 miliardi", ha sottolineato Ruffini spiegando che "oltre il 43% è difficilmente recuperabile". Ci sono infatti "147,4 miliardi dovuti da soggetti falliti, 85 da persone decedute e imprese cessate, 95 da nullatenenti".
Per altri "30,4 miliardi la riscossione è sospesa per i provvedimenti di autotutela emessi da enti creditori o sentenze dell'autorità giudiziaria", ha proseguito poi Ruffini. Restano così 459,2 miliardi di cui "oltre il 75%, 384,4 miliardi, si riferisce a contribuenti" rispetto ai quali Equitalia "ha già tentato invano in questi anni azioni di riscossione".
Altri 26,2 miliardi sono pagati a rate e "l'effettivo magazzino residuo su cui agire si riduce a 84,6 miliardi di cui circa 32,7 riferiti a posizioni non lavorabili per effetto delle norme a favore dei contribuenti".
Dall'1 ottobre 2006 gli incassi di Equitalia, ha poi spiegato l'a.d., sono stati in media di 7,8 miliardi di euro all'anno. Negli anni precedenti, quando la riscossione non era affidata a Equitalia, l'ammontare era di 2,9 miliardi all'anno.
Federico Pizzarotti, ospite del format video Agi 'Viva l'Italia', ha parlato dei rapporti con il M5S e con le altre forze politiche ma anche del suo impegno in vista delle prossime elezioni amministrative che lo vedono nuovamente candidato a sindaco di Parma, questa volta però alla guida di un nuovo soggetto politico.
Quando provi il M5s poi resta solo il 10% dei duri e puri
Parlando del suo movimento di origine, Pizzarotti sostiene che il Movimento 5 stelle "crescerà fino a che non vincerà a livello nazionale". Tra gli elettori, ha spiegato, "c'è la reazione di votarli" per una sorta di rifiuto dei partiti tradizionali "ma quando li proveranno il Movimento tornerà a un 10% fisiologico di duri e puri".
Non studio da premier. Spero di restare sindaco
"Decisamente non sto studiando da presidente del Consiglio. Spero di aver studiato bene per poter continuare a fare il sindaco per i prossimi 5 anni". Il primo cittadino di Parma si candiderà per un secondo mandato alle prossime elezioni amministrative con la lista 'Effetto Parma' dopo aver vinto alle ultime con il Movimento 5 stelle. "Abbiamo iniziato un percorso che secondo noi non deve essere interrotto", ha aggiunto. Un'alleanza con Giuliano Pisapia? "Non mi ha mai chiamato" ma "non penso di essere interessato a una coalizione" con lui. Di certo però "chiunque mi ha chiamato ha avuto una risposta e un confronto perché penso che non si può solo dire che tutti i politici sono brutti e ladri".
Nel Movimento nessuno è in grado di fare il ministro
"Non vedo una classe dirigente" nel Movimento 5 stelle. "Non vedo qualcuno in grado di fare il ministro". L'ex esponente del M5s dubita che possa andare a buon fine il piano di Luigi Di Maio di coinvolgere in un eventuale futuro governo del Paese a guida grillina le 'menti migliori': "Se le trattano così come hanno fatto" ad esempio a Roma con alcuni assessori o tecnici "non so quanti andrebbero con loro".
Grillo circondato da yes man...
Nel Movimento 5 stelle "ci sono solo yes man, non ho mai trovato qualcuno che in modo pubblico abbia detto che non era d'accordo con la linea" del capo. "Non ho mai frequentato Grillo, ci siamo sempre difesi da soli e poi ci siamo difesi anche dal Blog stesso", ha aggiunto Pizzarotti. "Fisicamente avrò visto Grillo cinque volte. Non penso di stargli antipatico, credo abbia avuto cattivi consiglieri che gli hanno parlato in modo negativo. Secondo me non si informa e si è fidato".
... ma senza di lui non sarei qui
Dopo l'affondo però Pizzarotti riconosce il ruolo del cofondatore del Movimento 5 stelle del quale ha fatto parte: "Senza Grillo non sarei qui. Quando era 'il megafono' ha dato a tanti la possibilità di arrivare dove sono arrivati".
"La mia vicenda con il Movimento è finita: loro non hanno avuto il coraggio di espellermi e noi ci siamo presi la responsabilità di uscire visto che non ci volevano. Non ce l'ho con nessuno, mi fa tenerezza chi dice solo di sì anche se non condivide la linea, per opportunismo o perché non ha la forza interiore di fare delle scelte", ha aggiunto. "Ognuno va per la sua strada e vedremo alla fine chi aveva ragione", ha concluso. (AGI)