• Scienza: i rivelatori Ligo e Virgo saranno strumenti dal potenziale altissimo, capaci di “ascoltare” le onde gravitazionali.

  • Nanotec, studio italiano: batteri geneticamente modificati usati come micropropulsori in macchine invisibili a occhio umano.

  • Nuovo successo del telescopio spaziale: il numero di potenziali mondi alieni sale a 4.034, di cui 2.335 sono iscritti come pianeti.

  • Sbirciare per 6 miliardi di anni luce attraverso lo spazio profondo e ricavarne una immagine mai così nitida e dettagliata del 'cluster' di galassie denominato Abell 370, questo il nuovo sbalorditivo risultato del telescopio Hubble divulgato da Esa. Abell 370 fa parte del programma astronomico "Frontier Fields" il cui obiettivo è usare grandi agglomerati di galassie per studiare i misteri della materia oscura e le origini dell'Universo. Con l'incremento del tempo di osservazione è aumentata la profondità dell'immagine tanto da rendere visibili oggetti più lontani e dalla luminosità più tenue: il comunicato di Esa che conclude il programma "Frontier Fields"  parla di "frontiera finale" e in effetti la porzione di cielo in questione  si trova nella costellazione della Balena, visibile dall'emisfero australe alla distanza siderale di 6 miliardi di anni luce. Già alla metà degli anni 80 immagini ad alta risoluzione avevano suggerito che il curioso arco luminoso visibile nella parte sinistra in basso dell'immagine non fosse semplicemente una struttura del 'cluster' ma un vero e proprio fenomeno astrofisico. Hubble ha consentito di chiarire che questo arco è il risultato di due immagini distorte di una normale galassia che si trova dietro Abell 370, dove "dietro" significa a una distanza doppia rispetto a quella che ci separa dallo stesso 'cluster'. L'enorme campo gravitazionale di Abell 370 piega lo spaziotempo che lo circonda distorcendo e amplificando la luce proveniente dalle galassie sullo sfondo. Questo effetto è tradotto nella spettacolare immagine che vi proponiamo in una serie di striature e archi che si curvano intorno al centro dell'immagine. Insomma questi enormi agglomerati di galassie funzionano un po' come "telescopi naturali" che consentono agli astronomi di gettare lo sguardo oltre, verso l'infinito e dunque l'infanzia stessa dell'Universo, a poche centinaia di milioni di anni dal Big Bang quando lo spazio era oscuro, opaco e pieno di idrogeno. L'analisi di enormi agglomerati di galassie come Abell 370 fornisce informazioni utili anche per capire la distribuzione della materia oscura nelll'Universo. Abell 370 per esempio contiene due grandi, distinti grumi di materia oscura che confermano l'ipotesi degli astronomi che il 'cluster' sia in realtà il risultato della fusione di due agglomerati galattici più piccoli. Con questa straordinaria immagine di Abell 370 si è chiuso il programma di osservazioni denominato "Frontier Fields" e gli astronomi possono adesso fruire di un ampio set di dati per analizzare i "cluster", gli effetti di distorsione gravitazionale e le galassie primordiali visibili grazie a questo effetto di ingrandimento.

  • Dopo 20 anni l'odissea spaziale della sonda Cassini inizia il suo Gran Finale. La missione internazionale Cassini-Huygens che dal 2004 orbita intorno a Saturno trasmettendo dati sul pianeta, i suoi anelli e le sue lune e le immagini affascinanti che potete sfogliare in questa galleria fotografica, è entrata nella sua fase conclusiva che prevede una serie di spettacolari immersioni nello "stretto" interstizio spaziale tra il pianeta gassoso e i suoi anelli, fino al tuffo finale nella sua atmosfera in programma il prossimo 15 settembre. Oggi, 26 aprile 2017 è previsto il primo 'dive' interstellare. Ultima tappa della missione il 22 aprile scorso quando la sonda ha eseguito con successo il suo 127esimo 'flyby' di Titano, sorvolando a una distanza di circa 979 Km la più grande luna di Saturno. La manovra ha messo la sonda sulla traiettoria corretta per il "gran finale", nella zona compresa tra il pianeta e il bordo interno degli anelli. "Con quest'ultimo 'flyby' siamo in assetto per il Gran Finale;" ha commentato Earl Maize, project manager di Cassini, "La sonda ormai è su una traiettoria balistica che, anche in caso di possibili futuri aggiustamenti, entrerà definitivamente nell'atmosfera di Saturno il prossimo 15 settembre, qualsiasi cosa accada." Grazie all'incontro ravvicinato con la massa di Titano Cassini ha acquistato velocità e in questo momento viaggia a 860,5 metri al secondo. E' con questa spinta che oggi la sonda si getterà per la prima volta nello spazio tra Saturno e i suoi anelli dando il via alle 22 sequenze di immersioni ognuna della durata di circa una settimana, che porteranno la missione Nasa-Esa-Asi all'appuntamento conclusivo. A metà settembre Cassini invierà l'ultimo set di dati sul pianeta prima di "suicidarsi" precipitando dentro la sua atmosfera. Una conclusione scenografica decisa dal team di Cassini già nel 2010 quando gli ingegneri calcolarono la quantità esatta del carburante ancora a disposizione del veicolo spaziale. Cassini porterà a termine il suo lavoro a 20 anni dal lancio e dopo 13 anni di osservazioni ravvicinate, con una serie di tuffi che hanno l'obiettivo di raccogliere quanti più i dati possibili sulla struttura di Saturno e sull'origine dei suoi anelli da una prospettiva assolutamente privilegiata, la più vicina di sempre. Nessuna sonda è mai arrivata così vicino al pianeta. Cassini, durante il suo percorso di studi intorno a Saturno, ha realizzato numerose scoperte, svelando tra l'altro l'esistenza di un oceano con attività idrotermale sulla luna ghiacciata Encelado (foto sotto) e mari di metano liquido su Titano.

  • Occhi al cielo per lo sciame delle Liridi, concerti on line dedicati all’universo e un curioso esperimento con un radiotelescopio, organizzati dall’associazione Astronomers without borders che sta festeggiando il mese dell’astronomia. Eventi, maratone di osservazione e un festival dedicato all’eclissi solare del prossimo 21 agosto, che si vedrà in tutti gli Stati Uniti (#Eclipse2017). Sono sempre più numerose le occasioni per incuriosire e invogliare la gente a osservare il cielo e a imparare a riconoscere i più spettacolari eventi astronomici. Persino l’Unesco con il progetto Starlight da dieci anni sta monitorando e certificando i luoghi con le condizioni migliori dove contemplare le stelle (privi di inquinamento atmosferico, sonoro e luminoso), che stanno favorendo il turismo astronomico. Ecco dodici tra i siti più favorevoli all’osservazione del cielo, organizzati con attrezzature tecnologiche e ricettive. Cerro Paranal in Cile Nel deserto di Atacama, in Cile, il Cerro Paranal, a 2.635 metri d’altezza, ospita un osservatorio astronomico, gestito dall’European Southern Observatory, che vanta la presenza di un very large telescope, un enorme sistema di 4 apparati ottici riflettori. I rilevamenti delle stelle avvengono tramite un laser che crea l’effetto di una stella artificiale situata a 90 chilometri dal suolo. Il deserto cileno ha un clima asciutto e particolarmente favorevole all’osservazione della volta celeste anche per la totale assenza di inquinamento luminoso. La postazione, infatti, sorge a 12 chilometri dalla costa e a 1.200 chilometri da Santiago mentre la città più vicina, Antofagasta, si trova a 120 chilometri di distanza. Le visite all’osservatorio, raggiungibile solo in automobile, sono gratuite e previste ogni sabato mattina da prenotare sul sito: www.eso.org Roque de los Muchachos in Spagna Dal picco vulcanico di Roque de los Muchachos, sull’isola spagnola di La Palma, il cielo è così limpido che, quando brillano le stelle, sembra di toccarle con la mano. Nel giugno di trentadue anni fa venne costruito lì, a 2.420 metri sul livello del mare e ai piedi del parco nazionale de la Caldera de Taburiente, uno dei più grandi osservatori astronomici del mondo. Il complesso ospita 15 telescopi, gestiti da un gran numero di Paesi europei: l’italico Galileo e lo spagnolo Grantecán, con un diametro di più di 10 metri, tra i più famosi. La spiegazione scientifica alla purezza del cielo in questo angolo dell’arcipelago delle isole Canarie, è la mancanza di perturbazioni dovuta all’inversione termica che i venti alisei provocano e che, ristagnando tra gli 800 e i 1.600 metri di altitudine, fanno da filtro all’inquinamento. L’osservatorio si può visitare il martedì, il venerdì, il sabato e la domenica e tutti i giorni dal 15 giugno al 15 settembre; prenotazioni sul sito www.iac.es Mauna Kea alle Hawaii Sull’isola Hawaii, la maggiore dell’omonimo arcipelago statunitense, a 4.205 metri sul livello dell’oceano si trova l’osservatorio di Mauna Kea, un insieme di telescopi indipendenti, finanziati da agenzie governative di diversi Paesi, collocati sulla cima di un vulcano per osservare le stelle. I visitatori possono accedere alla stazione del distretto astronomico, situata a 2.775 metri d’altezza, dove, per abituarsi alla pressione atmosferica, dovranno rimanervi almeno trenta minuti prima di salire fino in cima. Le osservazioni del cielo sono gratuite e guidate, anche senza prenotazione. Valle del Elqui in Cile A 500 chilometri a nord di Santiago del Cile si trova la Valle del Elqui, un luogo magico dove la mancanza di inquinamento luminoso e atmosferico permette di osservare perfettamente la volta del cielo. Qui diverse organizzazioni internazionali hanno installato osservatori astronomici scientifici, come Cerro Tololo , Gemini Sur e la Silla. Ma ci sono anche stazioni d’osservazione per turisti, come quelli di Cerro Mamalluca e l’osservatorio del Pangue, che organizzano visite guidate tutti i giorni, cavalcate notturne, trekking e persino alloggi in capsule dotate di telescopi. Per informazioni e prenotazioni: www.turismoastronomico.cl Socorro negli Usa Nella stazione di Socorro, a due ore di macchina da Albuquerque nel Nuovo Messico, si trova un gruppo di radiotelescopi – Very Large Array - con 27 piatti parabolici, disposti lungo tre lati a formare una gigantesca “Y”, che forma una potentissima antenna. Il sito, che offre anche un teatro, un museo e un negozio di souvenir, è diventato famoso grazie alle riprese del film Contact, girato proprio qui nel 1997. Le visite gratuite durano 30 minuti e si fanno il primo sabato di ogni mese; prenotazioni sul sito: public.nrao.edu/visit/very-large-array Mackenzie Region in Nuova Zelanda Sul Monte Cook, in Nuova Zelanda, c’è la riserva del buio più grande al mondo: è l’Aoraki Mackenzie International Dark Sky Reserve, 4.300 chilometri quadrati dove, grazie all’assenza di illuminazione artificiale nei dintorni, le osservazioni del cielo sono mozzafiato. Da qui si possono vedere le Nubi di Magellano e due piccole galassie irregolari, satelliti della via Lattea. L’osservatorio offre visite guidate e tantissime attività per esperti e curiosi, tra cui corsi fotografici e la possibilità di osservare il cielo mentre si degustano vini dell’adiacente cantina. Informazioni: mackenzienz.com/activities/stargazing Saint-Barthélemy in Val d’Aosta Nella frazione di Lignan, in Valle d’Aosta, c’è l’osservatorio astronomico e planetario di Saint-Barthélemy, che a 1.670 metri d’altezza offre due terrazze di osservazione, un laboratorio fisico e una stazione meteorologica con una grande varietà di strumenti scientifici a disposizione. Le visite diurne e notturne vanno prenotate sul sito: www.oavda.it Galloway in Scozia Il parco forestale del Galloway è un’area naturale di 777 chilometri quadrati di valli alberate e colline nel sud della Scozia; l’International Dark Sky Association l’ha scelto come miglior luogo dove osservare le stelle, i pianeti e le meteore e dove, anche con un semplice binocolo, si ammirano in cielo spettacoli incantevoli. Nello Scottish Dark Sky Observatory ci sono due potenti telescopi per le osservazioni celesti mentre il tetto dell’osservatorio a scomparsa regala la possibilità di trovarsi in mezzo alla natura selvaggia con le stelle che illuminano il cielo. Le visite vanno prenotate sul sito: scottishdarkskyobservatory.co.uk Alqueva in Portogallo Dark Sky Reserve, nell’Alentejo portoghese, è il primo sito al mondo che il progetto Starlight dell’Unesco ha certificato come destinazione per il “turismo stellare”. Qui, infatti, su tremila chilometri quadrati che coprono i comuni di Alandroal, Barrancos, Moura, Mourao, Reguengos de Monsaraz e Portel, l’osservazione del cielo stellato è particolarmente favorevole e organizzata da strutture che ospitano gli...

  • Raccogliendo il testimone dalle numerose marce per la scienza che si sono svolte in tutto il mondo, decine di migliaia di persone hanno partecipato questo pomeriggio nel cuore di Washington, sotto una pioggia battente, alla manifestazione in difesa della scienza, minacciata dall’amministrazione di Donald Trump. Molti i nomi di illustri scienziati che sono saliti sul palco, a cominciare da Nancy Roman, responsabile dei programmi di astronomia della Nasa, oltre diversi gruppi musicali che si sono succeduti per cinque ore sul palco allestito alla National Mall di fronte alla Casa Bianca. Il corteo si è poi diretto verso il Campidoglio, sede del Congresso, dietro a numerosi striscioni: “La Science non è ideologia” oppure “I dati scientifici sono fatti”. Altre manifestazioni si sono svolte in decine di città americane, da New York a Los Angeles, così come prima, anche in omaggio alla Giornata della Terra, si erano svolte a Roma, Londra, Parigi. Il presidente Donald Trump ha reagito con un comunicato pubblicato dalla Casa Bianca nel quale si sostiene che “una scienza rigorosa è essenziale agli sforzi della mia amministrazione per raggiungere il duplice obiettivo della crescita economica e della protezione dell’ambiente. Un proposito che i primi atti della sua amministrazione sembrano però smentire. “Gli scienziati si rendono conto che i fatti scientifici sono troppo spesso ignorati nei dibattiti pubblici e sono rimpiazzati da opinioni e prese di posizione ideologiche”, ha spiegato Rush Holt, presidente dell’Associazione americana per i progressi della scienza (AAAS), la più grande organizzazione scientifica generalista, con oltre 120.000 membri. Il budget federale americano per la ricerca rappresenta oggi meno della metà di quello degli anni Sessanta in termini percentuali rispetto al Pil. “Non possiamo semplicemente incrociare le braccia e supporre che tutti capiscano a che punto la scienza è cruciale per l’economia, la sicurezza nazionale, l’ambiente, la salute umana e tante altre cose”, ha sottolineato Eric Davidson, presidente dell’American Geophysical Union, che sponsorizza questa marcia cui aderiscono più di 220 organizzazioni scientifiche e istituti di ricerca del mondo intero. Poco dopo il suo arrivo alla Casa Bianca, Trump ha firmato dei decreti immediatamente operativi per smantellare gli interventi a difesa dell’ambiente introdotti dal suo predecessore democratico Barack Obama e ha nominato alla guida dell’Agenzia di protezione dell’Ambiente (EPA) Scott Pruitt, notoriamente scettico nei confronti della veridicità dei cambiamenti climatici. Durante la campagna elettorale, Trump aveva addirittura affermato che il riscaldamento del clima fosse una “bufala” inventata dai cinesi e promesso di recedere dall’accordo sul clima di Parigi. Il primo progetto di budget del presidente repubblicano prevede una riduzione del 31% dei fondi destinati all’Epa e tagli ai fondi di tutti gli Istituti nazionali per la sanità. (Askanews)

  • Cinque le sedi italiane dell’evento: Roma, Milano, Napoli, Torino e Vicenza. Sabato 29 e domenica 30 aprile 2017 torna l’International #SpaceApps challenge, l’hackathon più grande del mondo, promosso dalla Nasa e dedicato a tutti gli esperti di informatica appassionati di Spazio. Per 48 ore, nelle città di tutto il mondo, programmatori e ingegneri ma anche scienziati, designer, artisti, insegnanti, imprenditori e studenti si riuniranno per produrre idee e soluzioni innovative a sfide globali per la vita sulla Terra e nello Spazio, basandosi su un approccio di problem solving collaborativo e open-source. Cinque le sedi italiane dell’evento: Roma, Milano, Napoli, Torino e Vicenza. Per il 2017 il tema della competizione è la Terra, declinato in cinque categorie: Ideare e creare, Attenzione all’ecosistema, i pericoli prossimi venturi, Planetary Blues, Noi e la Terra. S’inizierà alle 9 di sabato 29, con la registrazione dei partecipanti, la presentazione delle sfide e la formazione dei gruppi. Gli iscritti potranno lavorare ai progetti fino alle 17 di domenica 30 aprile 2017. Nel 2016 #SpaceApps challenge ha contato più di 160 eventi e 15mila partecipanti in 6 continenti. La partecipazione è completamente gratuita e chi fosse interessato può informarsi sul sito web: 2017.spaceappschallenge.org. (Askanews)

  • Uno studio italiano mette luce che la morte di neuroni deputati alla produzione di dopamina provoca il mancato arrivo di questa sostanza nell'ippocampo, causandone il "tilt" che genera la perdita dei ricordi. È stata scoperta l'origine dell'Alzheimer che non è nell'area del cervello associata alla memoria perché all'origine della malattia ci sarebbe la morte dei neuroni nell'area collegata ai disturbi d'umore. Lo studio è italiano ed è stato pubblicato su Nature Communications. I risultati dimostrano anche che la depressione è una "spia" dell'Alzheimer e non viceversa. La scoperta promette di rivoluzionare l'approccio alla "malattia del secolo". La ricerca è stata coordinata da Marcello D'Amelio, professore associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma. Finora si è sempre ritenuto che la malattia fosse dovuta a una degenerazione delle cellule dell'ippocampo, area cerebrale da cui dipendono i meccanismi del ricordo. Solo in Italia questa patologia colpisce circa mezzo milione di persone. La ricerca, invece, mette luce sull'area tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, neurotrasmettitore collegato anche ai disturbi d'umore. La morte di neuroni deputati alla produzione di dopamina provoca il mancato arrivo di questa sostanza nell'ippocampo, causandone il "tilt" che genera la perdita dei ricordi. L'ipotesi è stata confermata in laboratorio, somministrando su modelli animali due diverse terapie mirate a ripristinare i livelli di dopamina. Si è così osservato che, in questo modo, si recuperava il ricordo, ma anche la motivazione.

  • Sarà davvero una foto molto speciale. Forse ineguagliabile. Sicuramente sarà la foto più incredibile che sia possibile concepire. Stavolta siamo alle prese non con una foto di uno straordinario panorama. Nemmeno abbiamo a che fare con una normale reflex. La lente sarà costituita da radiotelescopi che proveranno a fotografare - udite udite - l’orizzonte degli eventi. Che cosa è l'Orizzonte degli Eventi Un orizzonte degli eventi è, nell'accezione più diffusa, un concetto collegato ai buchi neri, una previsione della relatività generale. È definita come la superficie limite oltre la quale nessun evento può influenzare un osservatore esterno. Secondo la teoria della relatività, lo spazio e il tempo formano un unico complesso con quattro dimensioni reali (detto spazio-tempo), il quale è deformato dalla presenza di massa (o di energia). Con questo esperimento, gli astrofisici dell’EHT (Event Horizon Telescope) puntano a mettere in luce l’ultimo punto, immediatamente prima del buco nero che è al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Un po' come fotografare l'occhio del ciclone In un certo senso, sarà come provare a fare una fotografia all’interno dell’occhio di un uragano, solo che, al posto delle nuvole ci sono le stelle, e i venti, saranno fiammeggianti lampi di plasma incandescente. Osservare da vicino il profilo di un uragano e quello di certe galassie, come la nostra Via Lattea, non può non stimolare una certa curiosità riguardante il fatto che entrambi gli oggetti presentano forti analogie morfologiche, con lo sviluppo spiraliforme che essi presentano alla stessa maniera. E questo lo si deve peraltro alle magie di una certa successione matematica, quella di Fibonacci, che tanto peso ha in natura. Ma se al centro di un uragano troviamo una zona di bassa pressione ‒ l’occhio ‒, cosa si nasconde al centro di una galassia? Il pozzo che tutto divora:il buco nero Perché l’espressione giusta è proprio questa: nascondersi. L’occhio di una galassia del tipo che abbiamo menzionato (galassie ellittiche) è generalmente costituito da un oggetto particolare, una sorta di  ‒ mi sia concessa questa espressione ‒  “bassa pressione dello spaziotempo”, un pozzo che tutto divora senza far uscire nulla, neppure la luce: un buco nero. Siamo alle estreme conseguenze di quella teoria che descrive la gravitazione in base a come la presenza di materia produca variazioni nella geometria dello spaziotempo: la Relatività Generale di Einstein. Dopo l’esaurimento del combustibile nucleare, alcune stelle esplodono in modo estremamente violento. Il residuo di ciò che resta può risultare tanto massiccio da curvare le linee dello spaziotempo fino a far scomparire, come in un gioco di prestigio, l’oggetto alla vista, dietro una cortina sferica detta “orizzonte degli eventi” (Event Horizon), la superficie di separazione tra ciò che è visibile e ciò che non può più esserlo: ecco formarsi il “buco nero”, un vorace oggetto che attrae materia per il forte campo gravitazionale di cui è dotato, triturandola e poi divorandola. A caccia del lamento del Supermassiccio Guardando verso la costellazione del Sagittario, è come se puntassimo gli occhi verso il centro della nostra galassia, dove si nasconde un mostruoso buco nero che ha però la massa non confrontabile con il residuo di una stella esplosa, bensì con quella di ben quattro milioni di stelle come il nostro sole, un buco nero come si dice “supermassiccio”. Si tratta della sorgente Sgr A* (Sgr sta per Sagittarius). Per definizione, un buco nero non risulta visibile, ma la materia che disgrega e che precipita in essa spiraleggiando sotto forma di gas surriscaldato emette una specie di “lamento” che alcuni ricevitori terrestri opportuni (i telescopi che raccolgono i rumori delle onde radio, i radiotelescopi) possono essere in grado di catturare. Otto radiotelescopi insieme per un'unica, grande foto Ai primi di aprile di quest’anno, se le condizioni climatiche contemporanee in alcuni siti sparsi sul pianeta lo consentiranno, otto radiotelescopi congiungeranno le loro forze per captare quei segnali della materia morente attorno a Sgr A* e definire, con la risoluzione più spinta possibile per ottenere una sorta di “fotografia” molto particolareggiata, l’estensione di questo enorme buco nero, la cui dimensione dovrebbe essere di oltre dieci milioni di chilometri. Si tratta del progetto EHT, Event Horizon Telescope, un sistema integrato di radiotelescopi sparsi sulla superficie terrestre quasi a far diventare il pianeta stesso un enorme ricevitore, al fine di raggiungere quell’altissima definizione nella trama dell’immagine che si vorrebbe ottenere. Sarà un lavoro straordinario che, dopo l’elaborazione di tutti i dati raccolti, tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo offrirà agli studiosi (e non solo!) una mappa di dettaglio di quest’area oscura ma fondamentale fornendo informazioni preziose sulla sua struttura e sull’influenza che esso ha sul resto della galassia. Non dimentichiamo che quest’ultima ruota attorno al suo centro e che anche il nostro sole, alla periferia di uno dei suoi bracci (il Braccio di Orione), si sposta nello spazio alla velocità di circa duecentoventi chilometri al secondo, con tutta la sua corte di pianeti, ruotando attorno al medesimo buco nero che è posto alla distanza di ventiseimila anni luce. Indirettamente, quindi, anche noi siamo interessati... (AGI) di Emilio Santoro Fisico Nucleare