Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha sospeso all’ultimo momento l’applicazione di pesanti dazi su Messico e Canada, evitando così l’innesco di una guerra commerciale che avrebbe avuto conseguenze devastanti per il Nord America. L’annuncio della sospensione di un mese è arrivato dopo telefonate bilaterali con il presidente messicano Claudia Sheinbaum e il primo ministro canadese Justin Trudeau.
La decisione è arrivata dopo che Trump aveva già spaventato mercati e alleati con l’annuncio di nuove tariffe su Canada, Messico e Cina. I dazi del 10% sulle importazioni cinesi – aggiuntivi rispetto a quelli già in vigore – entreranno comunque in vigore martedì. Trump ha definito queste misure un “primo colpo” nella sua rinnovata guerra commerciale con Pechino, che sta valutando ritorsioni, tra cui l’imposizione di contro-dazi, restrizioni alle esportazioni e una svalutazione della moneta.
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Tuttavia, la sospensione dei dazi contro Canada e Messico non è stata un gesto diplomatico gratuito: è avvenuta solo dopo che i due paesi hanno accettato condizioni che sembrano ricalcare le richieste tipiche di un racket di protezione piuttosto che di una trattativa tra nazioni sovrane. Messico e Canada hanno dovuto promettere di schierare 10.000 soldati ai loro confini con gli Stati Uniti per bloccare il traffico di migranti e droga. Trudeau, inoltre, ha accettato di stanziare 200 milioni di dollari canadesi per la lotta al crimine organizzato e al traffico di fentanyl, istituendo una “task force congiunta” con gli Stati Uniti e classificando ufficialmente i cartelli della droga come organizzazioni terroristiche. Trump ha quindi concesso una tregua di 30 giorni, dichiarando che il rinvio servirà a negoziare un “accordo economico finale” con il Canada.
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Le minacce di dazi avevano già avuto un impatto immediato: il dollaro canadese e il peso messicano erano crollati e le borse statunitensi avevano subito perdite. Tuttavia, con il dietrofront della Casa Bianca, i mercati hanno recuperato terreno e le valute nordamericane si sono stabilizzate. Per molte industrie, in particolare quella automobilistica canadese, la notizia è stata accolta con sollievo, poiché i dazi del 25% avrebbero avuto un impatto devastante sulla produzione e i costi.
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Nonostante la sospensione, la Casa Bianca ha precisato che, se il Messico non dovesse fare abbastanza per fermare l’immigrazione clandestina e il traffico di droga, i dazi potrebbero essere immediatamente reintrodotti. Trump ha difeso la necessità di questi dazi come strumento per costringere i partner commerciali a rispettare le sue condizioni. Tuttavia, le imprese statunitensi hanno espresso forte opposizione, avvertendo che l’aumento dei dazi si tradurrà in un rialzo dei prezzi per i consumatori e in uno sconvolgimento delle catene di approvvigionamento.
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Durante la sua conversazione con Trump, la presidente messicana Sheinbaum ha espresso preoccupazione per il flusso di armi sofisticate provenienti dagli Stati Uniti e utilizzate dai gruppi criminali messicani. Ha dichiarato che Trump si è impegnato a collaborare per contrastare il traffico di armi, ma ha anche riportato che il presidente statunitense ha nuovamente insistito sul deficit commerciale tra i due paesi. Sheinbaum ha respinto questa visione, sottolineando che il commercio tra Messico e Stati Uniti è il risultato di una partnership consolidata e che entrambi i paesi beneficiano di un’economia integrata, necessaria per competere con la Cina.
Anche Trudeau ha dichiarato di aver avuto una conversazione positiva con Trump, confermando l’implementazione di un piano da 1,3 miliardi di dollari canadesi per rafforzare la sicurezza delle frontiere con nuove tecnologie, elicotteri e personale, in collaborazione con gli Stati Uniti.
Ma ciò che rimane un interrogativo per gli storici è se, per la prima volta nella storia, un presidente americano stia gestendo i rapporti commerciali e di politica estera con metodi più vicini a quelli della criminalità organizzata che alla diplomazia internazionale. Trump non ha cercato di negoziare sulla base di interessi comuni, ma ha imposto una minaccia – i dazi – per poi “offrire” una soluzione in cambio di concessioni forzate.
Non è questo il metodo mafioso, normale nei settori in cui si è formato il presidente americano, l’immobiliare e i casinò, per psicologia, atteggiamento e stile? L’imposizione di condizioni severe in cambio di protezione da una minaccia creata dallo stesso Trump è una tattica tipica delle organizzazioni mafiose: destabilizzare per poi offrire una soluzione a un problema creato ad arte. Per ora sembra funzioni. Poi vedremo.
Resta da chiedersi se questo segnerà un cambiamento epocale nella politica estera americana o se, in futuro, i leader mondiali vedranno in questa strategia un’anomalia storica oppure la norma.